19 agosto 2016

EL AUGE DEL HUMANO




Meritatissimo vincitore della sezione Cineasti del presente ,l'esordio al lungometraggio del classe '87 Eduardo Williams è un film di una potenza inimmaginabile , una visione che resta impressa nella mente ben oltre i suoi 100 minuti di durata, una di quelle opere talmente radicali da dividere il pubblico nella maniera più assoluta : questo film lo si ama o lo si odia, non lascia spazi alle vie di mezzo. Vi basti pensare che a fine proiezione in sala eravamo rimasti si e no in 30 .

Una telecamera traballante pedina un ragazzo in una Buenos Aires allagata, viene ripreso quasi sempre di spalle o di profilo ma anche quando le riprese si fanno leggermente più ravvicinate c'è sempre un alone di buio a rendere difficilmente riconoscibile il suo volto quasi a voler sottolineare che quella che stiamo vedendo è una vita come tante a cui non serve dare un nome e un volto perchè potremmo benissimo essere noi stessi.
Siamo proiettati sin da subito in una dimensione intima e al contempo spersonalizzante.

Scopriremo solo dopo , in modo quasi casuale il suo nome, è Exe un ragazzo che è appena stato licenziato dal supermercato in cui lavorava come magazziniere, un lavoro noioso, ripetitivo che è specchio della sua condizione esistenziale.

''Devi realizzare una barriera contro il cancro,perchè non te ne rendi conto ma assorbiamo cancro tutto il tempo. Dal pollo ,dall'aria, dai computer, Viviamo contaminati e dobbiamo detergere il corpo in modi naturali''.

Si respira un aria opprimente, un alone oscuro ci pedina ma forse il peggio è già avvenuto, è il presente nel quale Exe è portavoce di un umanità alla deriva , senza più valori, divorata dall'apatia, dalla noia dell'eterno ripetersi del quoditiano.

Giovani che passano molto tempo assieme ma che non sanno più comunicare tra loro anche se il male che li fa marcire dentro è il medesimo .

Cellulari, computer, internet, telecamere, un universo tecnologico che lega in modo invisibile solitudini destinate a non incontrarsi, il progresso avanza ma tutto sembra già stato detto, ogni emozione è già stata sperimentata.
Anche i sogni sembrano aver perso di inventiva, l'incubo di una ragazza è l'aver sognato di aver tenuto per una settimana la stessa maglietta.
Bisogna uccidere la giornata a tutti costi anche se questo comporta inscenare un giochino per decidere chi dovrà spompinare chi davanti ad una webcam.

Ed è proprio attraverso quella webcam che ci spostiamo dall'Argentina al Mozambico dove facciamo la conoscenza di Alf, latitudini diverse ma stesso potenziale inespresso, stessa alienazione.
Un lavoro di merda che ammette di far solo per soldi e malgrado questa sua triste presa di coscienza viene sbeffeggiato da colleghe che ritengono questa la normalità perchè inconsciamente schiave della loro condizione esistenziale.
Bisogna scappare dal cancro, ma dove ? Una foresta che sovrasta, l'immersione nella natura lontana dall'oppressione della tecnologia e del lavoro ma che è pur sempre un guscio di solitudine.. anche qui si avverte una presenza inquietante che ti spia , che ti segue.

Ma è solo nella tua testa, dopo passa.

Dopo un viaggio allucinato dentro ad un opprimente formicaio, invisibile e sommersa metafora della condizione umana ci ritroviamo in uno sporco acquitrino nella jungla filippina nella quale un bambino ha paura di immergersi e dialoga con una ragazza che non può ricordare i tempi della sua fase embrionale ma che necessita disperatamente di un internet point.

Ce ne è uno in fondo alla strada ma ormai è tardi, forse è chiuso e non riuscirà a raggiungerlo.
Non lo sapremo mai, così come non sapremo mai che fine hanno fatto Exe e Alf, , pseudo personaggi di una (non)storia ad un passo dall'ignoto e a chilometri dalla comprensione.

Il viaggio si interrompe in un'asettica e moderna catena di montaggio nella quale vengono assemblati circuiti elettronici, niente più pedinamenti, telecamera fissa su uno schermo spento irradiato dai neon,cinema che diventa pura immagine che nasce e muore nell'istante in cui viene percepita.
E'l'apice della condizione umana, una stasi dalla quale possono emergere infinite possibiltà ma che al contempo ci pone dinanzi ad una realtà che si fa sempre più soffocante : mentre si alzano inquietanti sintetizzatori e scorrono i titoli di coda ci assale la consapevolezza che il viaggio inizia solo ora e bisogna farlo in solitudine accompagnati soltanto da una voce metallica che ha il suono del cancro che ci contamina...

OK....ok....ok....ok.....ok....





3 commenti:

  1. Appena finito di vedere. Un film interessantissimo che ci parla del presente con un'efficacia che non sottovaluterei. Ci devo ragionare perché visioni come questa lo necessitano, ma si tratta di una vetta, senza dubbio. La scena del formicaio mi ha colpito parecchio, davvero bella.
    Ti ringrazio per l'opportunità che mi hai dato Dries!

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    1. figurati, ti ho sempre visto come una fonte di ispirazione, questo è il minimo che posso fare :)
      Tornando al film a me ha stregato il finale,avrei voluto dedicargli molto più spazio nella recensione ma è già stato difficile trovare le parole per descrivere quello che ho detto, non sono manco sicuro del senso di alcuni pezzi che ho scritto ,mi sono lasciato guidare completamente dal flusso creativo che mi ha lasciato cotanta meraviglia...è uno di quei casi in cui le parole non bastano, bisogna viverlo sto film

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  2. Invece io è tutto oggi che penso alla scena del formicaio... pazzesca! Mi chiedo poi come avrà fatto tecnicamente, non mi pare ci sia l'uso di CGI o cose simili, deve essere tutto un gioco di prospettive... mamma mia, bello bello.

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